Fratelli Mucera, una famiglia di «genialoidi»

Tratto da Sicilia Motori – Anno VII n. 24 (82) Febbraio 1988

Di Giancarlo felice

Nella  ricerca dei «campioni  di ieri» il cammino si fa ogni mese sempre più difficile, per cui una «svisatura»  ­ quando questo rientra nel tema può fare piacere. E fa più piacere quando ci si accorge che vi sono stati  personaggi i quali pur non essendo  stati  campioni,  nel  senso stretto della parola, lo sono stati a livello di idee, di inventiva, di realizzazioni, contribuendo con il loro operato a far crescere l’automobilismo quando questo era agli albori e successivamente a dargli ulteriore spinta perché divenisse quello che oggi rappresenta.

In questa ricerca, dicevamo, ci siamo imbattuti nei fratelli Mucera, famiglia di «genialoidi». Il loro curriculum agonistico probabilmente non e di quelli che si possono definire «palmares», ne lo potevano diventare visto che i tempi in cui correvano sono molto lontani, specie per il capostipite Giacomo, più noto come Gigi, classe 190 l.

Questi ha partecipato a tre Targa Florio: nel 1921, nel ’24 e nel ’26. Secondo dei fratelli era Pietro, del 1908, oggi defunto, il quale corse assieme al più giovane Rosario (1918) dal 1948 al 53.

fratelli muceraPiù longevo agonisticamente è stato Giuseppe (1910) con dodici anni di attività. Ma, a questo punto, non importa tanto cosa hanno vinto e se hanno vinto, ma quello che hanno progettato e costruito.

Per avere un appuntamento con i Mucera il giro e stato laborioso. Finalmente si è ottenuto che i fratelli si concentrassero in casa di Gigi, in un vecchio appartamento della via Guardione dove il tempo sembra essersi fermato ai primi decenni del secolo.

Apre un arzillo signore in veste da camera, disponibile al colloquio, come se ci fossimo conosciuti non in quel momento, ma do tanto tempo. Ed inizia la lunga chiacchierata. Subito ci dice: «Sono riuscito a mettermi in contatto solo con Giuseppe; Rosario non può venire; Pierino è deceduto sette anni fa. Ma stia tranquillo avremo di che parlare».

Temevo che l’intervista dovesse essere parca, ma la memoria di Gigi Mucera, docordi di Giuseppe, mi ha strabiliato. Entrambi ricordavano date, nomi, piccoli particolari, marche e serie, cifre, a dimostrazione del fatto che il sangue circola più che energicamente nelle loro arterie.

«La prima vettura che mi ha affascinato ­ dice Giacomo ­Gigi è stata una delle prime Isotta Fraschini che circolava sul territorio italiano. Era di proprietà del principe Lanza di Trabia, famiglia presso la quale lavorava mio nonno. Quando si andava al castello correvo in rimessa per ammirarla fuori, ma soprattutto dentro, nel cofano motore. Avevo sette anni e già impazzivo per i motori».

Il padre, Rosario, a ridosso dei due secoli noleggiava cavalli e carrozze in via Enrico Albanese. Nel 1913 inizia la graduale trasformazione in noleggio auto con le SCAT, per meta carrozze e per meta auto, un’azienda che i fratelli Mucera porteranno avanti e faranno brillare.

La vita prima delle gare dei Fratelli Mucera

«La mia vita da giovanissimo ­ continua “patron” Mucero si svolgeva tra la scuola e il garage di mio padre. Nel 1916 entrai in una officina ausiliaria di costruzione dove si costruivano proiettili da inviare al fronte.

Il 4 novembre 1918 uscì da quella scuola con la qualifica di tornitore di 3° categoria. L’11 ° aprile 1919 presi servizio a Torino presso la fabbrica di auto Giovanni Ceirano. Li feci un tirocinio di prim’ ordine.

Ero si un operaio, ma i Ceirano mi consideravano uno di loro, partecipavo alle nuove realizzazioni. E sono fatti documentati. Molti miei disegni sono al Museo dell’ auto di Torino. Nel 1920 sono partito militare e feci il motorista in aviazione, e nel 1940, al richiamo, fui di stanza a Capua.

Nel 1921, mentre ero ancora sotto le armi, partecipai alla prima Targa Florio come meccanico e secondo pilota. Arrivammo, assieme ad Ernesto Ceirano, in decima posizione su una Ceirano CSl.

Il padre di Ernesto e stato il primo costruttore di automobili in Italia, altro che Giovanni Agnelli. Tutto documentato, signor mio! Nel 1924 la seconda Targa.

Stavolta da primo pilota su una Ceirano CS2 a doppia accensione. Al secondo giro, però, si ruppe un giunto cardanico. Mi rifeci con un quarto posto alla Montepellegrino.

Stessa sorte nel 1926: fuori alla Targa, quinto al Santuario. Ecco: la mia vita agonistica e racchiusa in cinque corse, ma per quello che ho fatto credo di avere dato molto a questo sport».

Gigi Mucera rientra a Palermo, dopo aver dato valida collaborazione alla progettazione delle nuove serie delle Ceirano, per guidare l’azienda assieme ai fratelli.

Gli autisti e i buoni carburante

Mi fa vedere i buoni­-benzina: gli autisti non pagavano il carburante, era un ispettore dell’azienda che provvedeva mensilmente a saldare i vari rifornitori sparsi per l’Isola. IL controllo era meticoloso.

Era necessario agire così – aggiunge ­ per consentire all’azienda, con una cinquantina di persone tra autisti, carrozzieri e meccanici, di potere essere sana e prospera. Non per nulla i regnanti che venivano a Palermo erano serviti dalla nostra azienda. Sulle vetture Mucera sono saliti le case reali d’ltalia, di Spagna, d’lnghilterra, del Portogallo, lo Zar e numerosi principi ereditari. Tutto documentato».

Ed e proprio vero. Un ricco album fotografico, lettere personali, doni inviati ai titolari del «regio trasporto», dimostrano che I’attività dei Mucera era conosciuta financo in Estremo Oriente. Ma i Mucera passavano il loro tempo a «strumintiari».

Giacomo, Pietro, Giuseppe e Rosario, nella loro officina lavoravano sull’inventiva.

La De Dion dei fratelli Mucera

«Avevamo comprato una De Dion ­ dice Giuseppe ­ del 1908, costruita sui vecchi principi del telaio e assieme abbiamo modificato telaio e albero di trasmissione. Al posto delle balestre posteriori superiori abbiamo sostituito, dopo averle forgiate personalmente, un longherone; I’albero di trasmissione da rigido lo si è trasformato a giunti elastici con dischi di tela e gomma. Su questa stessa vettura poi abbiamo sperimentato e montato la frizione a secco, mentre personalmente provvedevo all’impianto elettrico che andò a sostituire la fanaleria ad acetilene».

Ed erano proprio le vetture da noleggio le cavie preferite dai Mucera, cioè quelle macchine che ogni giorno battevano le strade isolane e dalle quali poteva venire il miglior riscontro alle modifiche apportate.

Il parco macchine era vario: Alfa Darracq, SCAT, Ceirano, lsotta Fraschini, Hispano Suiza, quest’ultime due paragonabili alle attuali Rolls Royce.

«Nel 1937 ­ continua Giuseppe abbiamo rinnovato totalmente il parco macchine con l’aggiunta dei pullman con i quali, in esclusiva, avevano i servizi di gran turismo. Tre anni dopo ci vedevamo requisito tutto dal governo italiano prima e dagli alleati poi. Praticamente finiva l’azienda.

Dopo la fine della guerra ognuno di noi riapriva in proprio una officina e ci dedicavamo insieme all’elaborazione di vetture e alle corse, con Gigi che faceva, al solito il pater familias».

Dalla Motorizzazione Civile comprarono tre carcasse di vetture, due 1100 e una 1500 derivate Fiat. Queste macchine, o meglio quel che ne restava, dovevano correre. Ognuno collaborò alla ricostruzione mettendovi la propria genialità. Il motore è modificato nella distribuzione, senza cambiare l’albero a camme si passa da catena a ingranaggio, la lubrificazione e trasformata a carter secco, la circolazione dell’acqua avviene nella testate. Accorgimenti che oggi sembrano nulla, ma che allora erano firmati Mucera.

Nella 1500 addirittura si accorcia il telaio, si modificano le sospensioni, si fanno vari attacchi al differenziale. Si è nel 1948. Le tre vetture sono funzionanti, provate, pronte a correre il Giro di Sicilia. Vengono presentate all’allora Presidente della Regione, on. Alessi.

Il Giro di Sicilia

Il Giro di Sicilia è organizzato dal Comitato Sportivo Motoristico Siciliano, promotore del quale è lo stesso Gigi Mucera assieme al barone La Motta, Raimondo Lanza di Tra­bia, Vincenzo Florio.

Gigi Mucera oggi vive solo di ricordi: «Mi restano soltanto quelli. Tutto e cambiato, oggi l’automobilismo e soltanto esasperazione, quasi che tutti concorrano a fare il giocattolo più bello dell’ altro. Per me I’ auto rimane un complesso meccanico che si muove.

È siccome oggi si è solo capaci di montare e smontare, ma non di creare, aggiustare, posso affermare che si è solo migliorata l’operatività.  Quando cominciai ad armeggiare con i motori facevo tutto, dalla guarnizione al pezzo meccanico e lo facevo come volevo io. Erano limitati gli ostacoli che potevano fermarci.

Si figuri che per diletto ho costruito un banco di prova per iniettori diesel con variatore di giri e una sospensione anteriore indipendente, nel 1930, quando ancora la Fiat non sapevo cosa fosse questo meccanismo.  Alla Casa torinese proposi successivamente un comando freni idraulici con doppia pompa, ma mi rispose che era troppo dispendioso sicche l’ho montata sulla mia macchina. E rimasto unico esemplare funzionante».

Le idee non mancavano, la produzione seguiva le idee. Perche non metterle a disposizione delle Case? «Che vuole siamo in Sicilia e siamo siciliani. Ogni volta che proponevo c’era sempre un impedimento, ma a distanza di anni mi accorgevo che quel che noi pensavamo era diventato pezzo in produzione».

Con Giuseppe Mucera sono andato a vedere la 1500 costruita assieme ai fratelli. È gelosamente custodita in un garage, coperta da un telone, rossa fiammante. «Con qualche revisione ­ mi dice ­ ancora oggi e in grado di correre. È una vettura che tocca i 180, costruita per le necessità dell’epoca (a cavallo degli Anni Cinquanta ­ ndr), addirittura carenata per I’ effetto suolo»

Il «Giro di Sicilia» al centro della carriera dei Fratelli Mucera

Il più longevo agonisticamente è stato Giuseppe. Debutta nel ’48 con un secondo posto al Giro di Sicilia, un quarto alla Monte Pellegrino, poi Pirato – Enna e Catania – Etna.

Anno d’oro il 1949: primo assoluto alla Palermo – Taormina di regolarità e alla Coppa di Natale, 3 ° alla Cravatta di Enna, quarto alla Monte Pellegrino e al Circuito di Palermo. Quattro gare nel ’50 e ’51, tre l’anno successivo, uno doppia pausa nel ’53 e ’54, tre gare nel ’55 e due nel ’56;

1 ° di classe al Giro di Sicilia del ’57, sesto alla Trapani – Erice, settimo alla Messina ­ S. Rizzo. Nel 1958 altre quattro gare e due nell’anno di chiusura, entrambe sul Pellegrino, percorso da Palermo e da Valdesi. Un affezionato del Giro di Sicilia (nove volte) e della Monte Pellegrino (8 volte).

Pietro iniziò un anno prima di Giuseppe ed il clou delle partecipazioni è nel 1949 e nel 1950 per un totale di 19 corse effettuate in sette anni. Solo tre anni, dal 1948 al 1950, l’attività agonistica di Rosario che corre nell’anno di esordio il Giro di Sicilia, la Montepellegrino, la Pirato – Enna e lo Catania – Etna.

L’anno successivo, al Giro e alla Pirato aggiunge lo Capodarso – Caltanissetta, il Circuito di Palermo e la Coppa Galatea. Solo la Montepellegrino nel 1950. Di Giacomo si è detto nel corso dell’articolo.

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