Carrozzieri, la riscoperta di Allemano

Allemano, la storia del carrozziere

Sicilia Motori, tratto dal numero di dicembre 1991. Anno X, n.12 (125)

di Francesco Ragusa – Riproduzione riservata

In un’area geografica quale il Piemonte, ricca di fermenti innovatori e vicina all’avanguardia della tecnica, l’automobile ha rappresentato il coronamento di ambizioni sempre nutrite e forse nel passato mai compiutamente realizzate. Non per niente, all’inizio del secolo, in un proliferare disordinato di iniziative, spesso destinate ad una fine ripida e ingloriosa, l’automobile “vera” seppe crescere quasi esclusivamente in Piemonte.

E, segnatamente, nella “seria” Torino. Risulta naturale quindi che, allora come oggi, le firme più significative e prestigiose si siano trovate a Torino. Senza la grande industria torinese (e si, diciamolo pure, senza la Fiat), la gran parte dei carrozzieri non avrebbe trovato occasioni di esprimere la propria genialità creatrice. In questo contesto vanno ricordate le imprese che in qualche modo legarono il loro lavoro alla grossa industria.

Pur non tralasciando la trasformazione artigianale. L’azienda creata nel 1928 da Serafino Allemano rientra nel novero di queste carrozzerie, le quali hanno vissuto quel gigantesco processo di simbiosi tra la crescita del mondo industriale e un analogo sviluppo del mondo dei carrozzieri. Che a loro volta da artigiani si trasformarono a loro volta in piccoli industriali.

allemano

La Renault Dauphine

Allemano, il trasferimento in via Rosmini

Dopo alcuni anni attività nel campo delle riparazioni, delle modifiche e degli adattamenti, la Allemano nel 1935, trasferita la sede in ampi capannoni in via Rosmini, trasformata e completata in una vera carrozzeria per la costruzione di vetture fuoriserie, ebbe un immediato lusinghiero successo, In quanto la prima vettura così costruita, una cabriolet su telaio Fiat 1100, ebbe un premio (si trattava del “Gran Premio” donne svoltosi a Lido di Venezia) ad un concorso di eleganza. Allora vera palestra e vetrina per i carrozzieri. Da allora fu tutto un susseguirsi di riconoscimenti per la “linea Allemano“. Sobria e classica.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale blocco però ogni progetto. Dopo la brutta parentesi, che come quasi in tutti i campi smembrò l’azienda, la ripresenta dell’attività avvenne ancora nello stabilimento di via Rosmini. Dove a poco a poco le fuoriserie di Allemano crebbero in forma. Vennero costruiti prototipi e la linea si adeguò ai nuovi gusti, ma mantenne sempre la caratteristica di elegate classicità. Vetture Aston Martin, MG, Panhard, Jaguar uscivano con il marchio Allemano a ritmi sostenuti. Ma la carrozzeria si impose soprattutto con vetture Fiat e Lancia. Negli anni ’50 arrivarono anche le prime commesse dall’estero. Un concessionario francese della Regie Renault, che qualche anno dopo sarebbe diventato famoso, Redele (papà della Alpine), commissionò alla Allemano una piccola serie di carrozzerie per la 4CV e per la Dauphine.

La prima Ferrari GT di Allemano

Allemano, infaticabile nel creare nuovi modelli, con il valido aiuto del nipote Mario, cresciuto sotto la sua scuola, costruì la prima Ferrari GT nella versione che vinse per ben tre volte la Mille Miglia. Poi nel 1960, nel nuovo stabilimento di via Cossa, ancora nomi famosi. Abarth con le piccole lineari 850 e le eleganti coupè e spider 1600, 2200 e 2400, con i motori a 4 e 6 cilindri. I primi rapporti con i giapponesi della Fuji Motor (probabilmente Allemano su il primo in assoluto a trattare con i colossi nipponici, che gli affidarono la realizzazione di due prototipi). Fu poi la volta di vetture di prestigio come la Maserati 5000, costruita in esemplare unico, e delle versioni coupè e cabriolet della Fiat 1500. Quest’utile presentate al Salone di Torino del 1961. Va ricordata una delle macchine più interessanti di Allemano, la quale avrebbe potuto avere una grande risonanza.

Se non altro perché pensata e voluta da un gruppo di ingegneri (Chiti e Bizzarrini) che in quel periodo avevano appena lasciato la Ferrari. E il cui marchio era di proprietà di uno dei primi mecenati dell’automobile. Quel conte Volpi di Misurata che sotto l’Egidio della Scuderia “Serenissima” fece correre i migliori piloti italiani e stranieri.

Allemmano e la GT2500 su telaio ATS

Si trattava della GT2500 su telaio ATS (Automobili Turismo Sport). Fabbrica bolognese di vetture da competizione che nel 1962 fece correre anche una Formula 1 con Baghetti e Phil Hill. La vettura, la cui linea era stata disegnata da Giovanni Michelotti, era un monarca che montava un motore 8 cilindri (potenza di 210 CV). E avrebbe dovuto costituire un denso programma di produzione di vetture a carattere accentuatamente sportivo e da competizione per la Carrozzerie Allemano. Ma purtroppo, l’abbandono della casa da parte di Volpi, che era il finanziatore, provocò l’interruzione nel 1965 della costruzione in serie della Berlinetta, realizzata in pochi esemplari.

La fine del “sogno”

Di seguito la conseguente fine dell’interessante commesa. Questo insuccesso ed in contemporaneo sopraggiungere della crisi economica di quegli anni costrinse il carrozziere torinese, alla fine del 1965, a chiudere definitivamente gli stabilimenti.

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