Due lampi, ed una falcidia. Undici vite bruciate, famiglie nel dramma. Le corse, i rallies in particolare, che conquistano (sic!) i titoli di testa persino dei TG nazionali. E questo “sensazionalismo” sarebbe il meno se non fosse che di mezzo c’è anche la credibilità del nostro sport. Per la sicurezza si è fatto moltissimo ma, come ben sappiamo, non è mai abbastanza.
I fatti, adesso, purtroppo dimostrano che servono anche i serbatoi di sicurezza (e chissenefrega del costo) e che è assolutamente inutile, ma soprattutto pericoloso, mantenere i catalizzatori. È necessario attendere altro?
Dove “altro” significherebbe altri incidenti e altre vittime? No.
Dunque mano ai regolamenti. Queste sono le modifiche indispensabili e non altri palliativi, nel tentativo di cavare un ragno del buco. Sono diminuiti i concorrenti? Forse. Stentano gli organizzatori? Comprensibile. Siamo reduci, probabilmente, da una guerra – combattuta con armi economiche invece che tradizionali – e magari adesso che proprio l’Italia (prima ancora che l’Europa o parte di questa), ne ha preso abbastanza ed ha già svenduto buona parte del proprio patrimonio, è possibile che la discesa si fermi. E seppure lentamente potremo rialzare la testa. Non è necessario essere degli economisti per comprenderlo e adeguarsi di conseguenza.
Le corse sono un lusso, ed anche notevole, ed è ovvio che in questo contesto patiscano. Ma neppure tanto in fondo, perché la passione come ben sappiamo – e come stiamo constatando – consente di trovare forza e volontà, e soluzioni, per ovviare (quasi) a tutto.
Semplificare potrebbe essere un metodo per sopportare il periodo che ancora separa, come logico, dalla vera ed eventuale ripresa. Posto che essa vi sarà e che invece non si siano totalmente e definitivamente modificati i modelli e gli stili di vita. Ed in questo la “crisi” si trasforma da problema in opportunità.
Dalle Federazioni, che stanno in cima al sistema del motorsport,
è logico attendersi ancora maggiore flessibilità (esemplare la riduzione del costo delle licenze per le Isole, deciso dall’ACI per esempio) e razionalizzazione delle sempre più scarse risorse.
Il settore è retto dai “dilettanti” e non dai professionisti – bene ribadirlo all’infinito – dunque l’accesso e la pratica devono essere facilitati a questi, prima ancora che vocati alla ricerca di sempre più improbabili Campioni. Seppure questi conferiscono orgoglio a tutti e sono necessari anche per stimolare la necessaria voglia di emulazione.
Regole più stringenti per la sicurezza, attiva e passiva, di veicoli e conduttori (nelle quattro e nelle due ruote), focalizzando però quali norme e conseguenti accorgimenti tecnici, siano essi dotazioni o interventi, sono veramente indispensabili. Se costruttori e produttori di accessori e componenti pressano, per un po’ lasciamoli fuori dalla porta: potrebbero essere altre le priorità. Del resto anche loro rischiano tirando troppo la corda. O no?
Ce la faremo? Penso di sì. Rompere il giocattolo oltre che rivelarsi azione stupida, non conviene a nessuno.
Comunque sia, pure in questi anni difficili l’intera filiera ha retto l’impatto. È vero che sostanzialmente non vi è stato alcun ricambio, pochi i nuovi ingressi, e che i protagonisti attuali (piloti, auto e moto) siano rimasti identici e sempre i soliti noti. Ma ci sono. Attirarne di nuovi non è solo questione di soldi ma anche di appeal. E di passioni. Le stesse che non sono più, neppure queste, quelle di una volta e che troppo spesso non attecchiscono in maniera forte nelle nuove generazioni. E certo continuare ad ascoltare e vedere immagini terribili (che anzi sono maggiormente diffuse con gli attuali media), come quelle del fuoco che avvolge una vettura, non aiuta.
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