Carrozzeria Coggiola: tradizione anche con la Ghia

Carrozzeria Coggiola: la storia

Tratto da Sicilia Motori – Anno XI n. 7 (132) Luglio 1992

di Piero Libro – Riproduzione riservata

La Carrozzeria Coggiola, seppure non sembri avere avuto una particolare produ­zione di vetture sportive di serie o fuoriserie, merita di essere ricordata perché an­ch’essa, indirettamente, ha rappresentato un importan­te tassello nella storia di un’altra famosa carrozzeria; la Ghia. E infatti ancora una volta troviamo che la carroz­zeria Ghia è legata ad un personaggio che a sua volta sarà famoso.

Dopo Mario Boano infatti, anche Sergio Coggiola venne assunto alla Ghia e vi rimase fino al 1966, prima come semplice dise­gnatore e poi, via via, fino al­la qualifica di capo dell’uffi­cio tecnico, con l’incarico per la verità assai importan­te e di responsabilità, della gestione del reparto prototi­pi. E appunto nel 1966 que­sta sua quindicennale espe­rienza legata agli approfon­dimenti tecnologici e agli studi di stile e di design fe­ce sì che, avviando la sua azienda, ad Orbassano in provincia di Torino si dedi­casse soprattutto in quegli anni alla costruzione di pro­totipi e show-car anche per conto e, a volte, perfino su disegno di terzi. 

Diversi progetti lanciati nel corso degli anni

E furono veramente innume­revoli i progetti (si dice oltre 1000), alcuni éonosciuti per­ché presentati ai Saloni op­pure sconosciuti, perché a volte coperti da Top-Secret e Off-Lirr.its vari, imposti ov­viamente dalle case costrut­trici, così come in parte av­viene oggi.

In alcuni casi, co­me è questo della carrozze­ria Coggiola, il vincolo di­venta talmente significativo da andare a scapito anche della storia e del meritevo­le ricordo dei posteri. Tante auto (belle, brutte? Chissà), mai viste, se non dagli stret­ti addetti, alcune rimaste so­lo dei figurini, pure esercita­zioni di stile, altre divenuti muti «manichini» e, le più for­tunate, arrivate al «master­model», la soglia della … realizzabilità, in scala 1 a 1 !

Carrozzeria Coggiola, produzione assolutamente sconosciuta

Difficile documentare que­sta «produzione” ai più asso­lutamente sconosciuta. Così camme oscuri rimangono i loro ideatori e disegnatori, troppo spesso dimenticati o sacrificati alla «firma» più importante. Tra le vetture di Coggiola che ebbero quan­to meno una vera «nascita», meritano citazione una vettu­ra di serie per la casa sve­dese Saab.

Si tratta della «Sonnes III» una grintosa (co­me poteva esserlo una vet­tura svedese di allora!) cou­pé che sarebbe stata di ba­se e successive vetture spor­tive della casa e inoltre alcu­ne dream-car quali la Pon­tiac CF 428 del 1970.

Ebbe anche un certo successo un esemplare montato su telaio Volvo, sul quale Coggiola realizzò un coupé, denomi­nato «ESC» caratterizzato da linee molto eleganti e sobrie e da una strana mascherina a diedro, che seguiva le li­nee della macchina anche sul cofano, e che, quasi a di­spetto della moda un po’ americaneggiante che anda­va (e va) per la maggiore sul­le vetture Volvo, invece del­la solita «orgia» di cromo, era verniciata in nero opaco! fari a scomparsa e una linea tendenzialmente a cuneo fa­cevano il resto.

La Lancia HF 1600 denominata “Dunya”

Va ancora ri­cordata una bella Lancia HF 1600 denominata «Dunya» del· 1971, che fu eseguita in collaborazione con la Glasu­rit (famosa casa di vernici e specializzata in materie pla­stiche) che si occupò appun­to della tecnologia del Mate­riale di rivestimento e con l’apporto dello stilista Aldo Sessano, proveniente dal centro stile Fiat, per il quale lavorò fin dal 1956, interes­sandosi di ricerche formali di autovetture minime.

Ses­sano va ricordato anche per una collaborazione con Pio Manzù. In particolare per al­cuni veicoli leggeri della Piaggio, i cui prototipi furo­no costruiti da Coggiola. An­cora Sessano al Salone di Torino, nel 1969, espone un suo strano veicolo: il «Man­go»; nel 1972 sempre a Tori-no, presenta il «Nergal», un coupé su meccanica NSU TT 1000, carrozzato in questo caso dalla Otas, una piccola azienda consociata alla Cog­giola.

Il Taxi per conto della Volvo e l’impegno con Fiat

Successivo fu un pro­totipo funzionante di Taxi (ECT; experimental city taxi) costruito per conto della Vol­vo, in occa·sione di un con­corso bandito dalla città di New York. Ma da allora l’in­teresse per i modelli stradali si sposta costantemente ver­so veicoli commerciali e tra­sformazioni speciali, su com­messe delle due più impor­tanti Case torinesi; Fiat e Lancia.

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