Giuseppe Ayala, “lezioni di guida da un tassista nisseno”

Ayala: la “telefonata” di Sicilia Motori

Sicilia Motori, dal numero di luglio del 1998

di Luigi Tripisciano

Al volante a soli undici anni. Pilota precoce Giuseppe Ayala. E questo, forse, spiega la grande passione per le auto. Non attenuata, negli ulti­mi anni, da certe limitazioni imposte da misure di sicurez­za. Ayala, Peppino per gli amici, è infatti per professione un magistrato, prestato però alla politica. E con successo, visto che è arrivato alla carica di sottosegretario naturalmen­te alla giustizia. Uomo di mondo per vocazione, ma certamente pilota per passio­ne. “Ho cominciato da ragaz­zo – dice – lungo i sentieri delle campagne di mio padre.

Il mio istruttore era un tassista di Caltanissetta, ancora oggi sulla breccia, si chiama Angelo Cassaro. E ricordo che guidavo una “1. 100” e poi passai alla mastodontica “1.400”. Infine all’Appia, con la quale mi avventuravo anche sulle strade dei dintor­ni. E per fortuna non fui mai beccato dalla stradale”. La proteggeva Santa Eustachia, venerata a Messina, e ante­nata di sua madre, una Calafato? “Forse, ma io – ride – di santi protettori ne devo avere avuti tanti”. Tre auto già prima della patente dunque. Poi una vera scuderia. La “500” regalatagli dal padre nel ’63, “dove era un problema collocare il mio metro e 91”, ma con la quale faceva su e giù da Roma, la Fulvia 1300 T, la Super e poi un’Alfa 1.750 Coupé argentata.

Giuseppe Ayala

Giuseppe Ayala

Anco­ra un regalo del padre, que­sta volta per il conseguimento della laurea. Fino alla 124 Spyder“strumento prezioso per conquistare le donne, con la quale fece il viaggio di nozze. Nel ’71 la U125» con l’aria con­dizionata, “una grande con­quista”, e poi la possibilità di realizzare una vecchia aspirazione, ovvero le moto. Una Triumph Trident seguita da due Honda, una 750 e una 900, abbinate, a questo punto della sua vita, ad una più modesta “12T”, con la quale viaggiare da Caltanissetta a Mussameli, per il suo primo incarico da magistrato, preto­re nel paese che era stato di Genco Russo, con il quale, però, non sì incontrò mai per motivi… anagraficì. Dopo la “127”, una Simca Horizon e poi fine della storia, con l’arri­vo delle scorte. Niente più scorribande, macchine e moto vendute, ma ancora la possibilità di guidare, questa volta le Alfette blindate del Ministero.

Questo dall’83 al ’91, con una specie di primato raggiunto nel ’90, in una delle rare deroghe alla presenza della scorta, una sgroppata da Cortina a Palermo, in un unica tirata, al volante di una Mazda turbo prestatagli da un amico: quasi 16 ore di viag­gio. 

Ora il “sottosegretario” Ayala non guida quasi più ed è stata una rinuncia dolorosa, ma viaggia molto in auto e sfrutta i sui trasferimenti per leggere, prendere appunti, dormire. Trova che l’auto sia il luogo ideale per lavorare, ma non trascura, per cosi dire, di tenersi in allenamento. Ha infatti trovato una soluzione ai suoi problemi automobilistici. Ogni anno si concede un viaggio all’estero, con la for­mula aereo più auto. E sco­razza in lungo e in largo per il paese che lo ospita, riprovan­do sensazioni di guida che gli ricordano gli anni giovanili e quelli delle “sgommate” per le vie di Palermo. Al pari di altri colleghi che amano condurre da se le blindate, come Leonardo Guarnotta o Piero Grasso. Lo stesso Falcone spesso sì metteva al volante, “e forse non sarebbe morto – ricorda con commozione Ayalase in quel tragico pomeriggio di maggio a Capaci non si fosse trovato sul sedile anteriore”.

Personalità complessa, eclettica, imprevedibile, quella di “Peppino” Ayala, che ha la grande dote di sapere alter­nare i momenti di grande serietà a quelli più distensivi dedicati alla vita privata. E in questo quadro l’automobile ha sempre avuto un ruolo preminente, ma adesso si è quasi rassegnato a cambiar registro. Adesso subisce anche meno gli aspetti nega­tivi del traffico cittadino, “in parte perchè abbiamo la pos­sibilità di sfruttare le corsie preferenziali – spiega – e poi perché a Roma abito a poche centinaia di metri dai miei posti di lavoro, il Senato e il Ministero. Sono comunque del parere che in città è conveniente spostarsi in motori­no, ma con prudenza”. ln ogni caso “Peppìno” Ayala rimane un grande appassionato, competente e aggiornato. Segue con regolarità la Formula Uno in televisione, “ma un tempo – ricorda – era tutta un’altra cosa. Per quasi vent’anni – dice – ho seguito la Targa Florio. Venivo da Caltanissetta e mi piazzavo a Caltavuturo o al bivio dì Scillato.

I punti più spettacola­ri del percorso. Un anno sono stato anche ai box, ma mi sono divertito meno. C’ero anche nell’ultima edizione di velocità, quella interrotta per l’incidente provocato dalla vettura di Ciuti e vinta dai miei amici Restivo e Apache. Una grande perdita la fine della Targa! Adesso – prosegue – sono sportivo da poltrona. Mi piace Schumacher, tifo Fisichella e trovo che sia un giovane da seguire. Cresce a vista d’occhio, può darci grandi soddisfazioni. Può arrivare alla Ferrari (ci arriverà nel 2009, anche se solo per pochi mesi e in sostituzione dell’infortunato Felipe Massa.ndr) e sogno un cam­pionato del mondo vinto da un italiano con la Scuderia di Maranello. Da quanto tempo non succede?” Da una vita per la verità. Per­ché l’ultima vittoria della Rossa risale al ’79 con Scheckter (Michael Schumacher rimporterà il titolo a Maranello pochi anni dopo, precisamente nel 2000.ndr)

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