L’auto gestita dai fondatori
Notizie - Pubblicato il 06 Giugno 2016 - 09:38
Non è un mistero che da quando è nata l’auto, quest’ultima è stata sempre gestita dai suoi fondatori. Perchè meravigliarsi allora se molte famiglie restano sempre sul ponte di comando.
In Europa, in particolare, in ordine alfabetico, a tenere la barra del timone sono Bmw, Fiat, Peugeot e Volkswagen. Fuori dal Vecchio Continente a dominare la scena sono Ford negli Usa, Ratan Tata in India e nel Sol Levante Toyoda, Honda, Suzuki e Hyundai-Kia.
FIAT E LA DINASTIA AGNELLI – I fondatori della Fiat costituirono la società l’11 luglio 1899. Oggi la famiglia Agnelli, un club di circa 90 persone che non perde mai un dividendo è al vertice con John Elkann, presidente di Fca (Fiat-Chrysler), marchio che ha debuttato recentemente a Wall Street. La famiglia detiene il controllo del Gruppo con il 30,4% delle azioni. Gianni Agnelli divenne presidente Fiat nel 1965 rimanendo lla guida per 30 anni. Sergio Marchionn è arrivato a Torino nel giugno 2004, ha salvato la Fiat risolvendo, a suo favore, il contratto con General Motors, ha acquisito una Chrysler fallita, a costo zero, rilanciandola, ha integrato le due società, creandone una nuova che si chiama Fca. Ora il suo traguardo, entro il 2018 (data in cui dovrebbe lasciare il timone ad un suo successore) vede la costruzione di un gruppo attivo globalmente. Una sfida che ha di fronte diversi ostacoli, partendo da leggi sempre più rigide nel campo delle emissioni di C02, da economie di scala che si possono ottimizzare slo spalmandole su 10 milioni di veicoli venduti e sull’evoluzione di tecnologie che portano all’auto che si guida da sola.
La ricerca di un partner è una priorità. Fca però può legarsi solo ad industrie che hanno la stessa dimensione o maggiori. L’opzione Psa è stata esclusa al pari di quella cinese Gac. E’ palese che Fca rilancia sull’alleanza e punta al debito zero. Negli ultimi due anni Fca ha quasi dimezzato l’indebitamento industriale, portandolo a 5 miliardi dai 9 iniziali. <Di questo passo – ha dichiarato di recente Marchionne – azzereremo il debito entro il 2018>.
Molti analisti sono certi che il Lingotto continua a lavorare per un’alleanza con un big. Fca immagina di generare entro i tre prossimi anni una cassa di 10 miliardi di euro. La rapidità della crescita è anche legata, nella strategia di Marchionne, all’aumento dei margini. Il piano presentato nel 2014 prevedeva di vendere 7 milioni di auto nel 2018. Ma a gennaio di quest’anno l’obiettivo dei volumi di vendita è stato spostato al 2020. C’è da attendersi una politica più spinta sui modelli premium. Rimane invariato il pacchetto di obiettivi finanziari al 2018. Se il debito industriale sarà azzerato il titolo Fca che oggi vale intorno ai 7 euro potrà superare i 10 euro. Sulle fusioni di Fca con un partner i rumors dicono che tutto è possibile.
BMW E LA FAMIGLIA QUANDT – Il settimanale tedesco “Manager Magazin” ha reso noto che la famiglia Quandt ha il patrimonio più elevato in Germania (pari a 31 miliardi di euro). E’ la prima volta in 10 anni che questa famiglia che possiede il 46,7% del Gruppo Bmw conquistano il primato in questa classifica dei superpaperoni. A disporre di questa ricchezza sono Johanna Quandt, vedova del patriarca Herbert e dei suoi figli Stephan Quandt e Susanne Klatten. Poi partecipazioni nella chimica Aldana e nella Sgl Carbon. Ad aprile 2016 le vendite del Gruppo BMW sono cresciute dell’1,9%. Il totale evidenzia un incremento dei volumi inferiore rispetto a quello registrato a gennaio, febbraio e marzo 2016.
Nel corso del quarto mese dell’anno sono state vendute 179.300 vetture dei marchi BMW, Mini e Rolls-Royce. Le vendite di BMW sono cresciute solo dell’1,1%, a 150.500 unità, mentre la Mini ha consegnato 28.400 esemplari (+6,3%). Le immatricolazioni in EU + EFTA sono state 84.600 (+ 11,7%). Germania al primo posto in termini di volumi e quota (rispettivamente 27.800 e 8,79%), e con il resto d’Europa in positivo grazie alle 56.800 unità. Forti incrementi in Francia (+25%), Italia (+25%) e Spagna (+21%). Le vendite cumulate del gruppo sono state di 341.200 unità (+9,9). In Asia il volume è cresciuto del 6,2% pari a 241.500 vetture, di cui 162.200 hanno trovato un cliente in Cina (+6%), quasi 20.000 in Corea (+16%) e 22.900 in Giappone (+6,7%). Nel continente americano, invece, il totale dal primo gennaio è calato dell’8,1%.
Ad aprile il totale venduto di BMW è sceso del 7,4% mentre Mini ha perso il 12,4%. Il risultato cumulato da gennaio per modelli mostra una famiglia “X” forte capitanata dalla nuova X1 che ha visto aumentare le vendite globali del 61% con 63.200 unità, mentre la X3, nonostante la sua età, ha chiuso i quattro mesi in positivo del +18,4% pari a 49.300 pezzi. Altri modelli in crescita includono la Serie 2 con 59.400 vetture (+55%) e la nuova Serie 7 con 14.600 pezzi (+16%). La gamma elettrica/ibrida del brand ha conquistato 4.500 unità solo ad aprile, di cui quasi 2.200 della famiglia “i” (+29%).
IL PIANETA VOLKSWAGEN CAMBIA PELLE – Il Gruppo VW si è ristrutturato in quattro divisioni. Dopo il braccio di ferro tra il patriarca Ferdinand Piech e l’amministratore delegato Martin Winterkorn il più grande costruttore europeo pare voglia adottare una struttura decentralizzata e vuole frazionarsi in quattro entità distinte. Una incorporerebbe i marchi VW, Skoda e Seat, sotto la direzione di Diess, la seconda riunisce tutti i brand dell’alto gamma (Audi, Lamborghini e Ducati).
Nella terza casella sono posizionati i veicoli industriali Man, Scania e VW. Infine nella quarta holding ci sono le vetture di lusso, Porsche, Bugatti e Bentley. Intanto è stata aperta la ventesima fabbrica in Cina. Ferdinand Piech e sua moglie Ursula si sono dimessi il 25 aprile 2015 dopo due ore di riunone del presidio, dal Consiglio di sorveglianza del colosso tedesco.
Il patriarca isolato dai soci ha lasciato così la presidenza dopo oltre 20 anni. VW intanto volta pagina dopo aver chiuso lo scandalo diesel. Il costo dello scandalo, tra multe e ritiri, ha superato i 40 miliardi. In Europa nei primi 3 mesi il brand VW è leader con 434.867 unità, Audi è sesta con 215.243, Skoda è decima. In Italia, VW è seconda dietro Fiat con 38.918 unità.
L’ESTRO DELLA FAMIGLIA PEUGEOT – Nato nel 1734, Jean-Pierre Peugeot è colui che porterà alla svolta industriale la famiglia Peugeot. Sviluppa un’attività nel campo della tessitura lasciando ai suoi eredi una tintoria, un oleificio e una macina per grano.
Nel 1810, i due figli di Jean-Pierre, Jean-Pierre II e Jean-Frédéric, fondano la società Peugeot Frères. Di proprietà di Jean-Frédéric, la macina per grano di famiglia viene trasformata in una fonderia per l’acciaio. Oltre al famoso macinino da caffé creato nel 1840, la famiglia Peugeot persegue l’innovazione e sviluppa le proprie attività industriali: la famiglia produce seghe a nastro, molle, montature per ombrelli.
Più di 200 anni dopo, il marchio Peugeot rimane sinonimo di innovazione e di diversità. Innovazione come nel campo della macchina elettrica e dei motori ibridi con la commercializzazione della Peugeot iOn nel 2010 e della 3008 HYbrid4 nel 2012. Echos ha rivelato che il Gruppo PSA prevede di portare i ritmi di produzione nelle fabbriche francesi a 1 milione di unità nel 2017.
La società investirà 1,5 miliardi di euro per sviluppare la produzione interna, ma crescerà anche nei siti in Portogallo, Spagna e Slovacchia. Il Gruppo Psa all’attacco dei mercati: entro i prossimi 5 anni arriveranno 7 plug-in e quattro vetture elettriche. La prima novità a zero emissioni sarà una DS prevista per il 2019 in Cina e in Europa.
FORD ED IL FONDATORE HENRY – Un secolo di storia della famiglia Ford. Una famiglia che è riuscita a mantenere sempre il controllo finanziario della azienda. E, con la sola eccezione del decennio 1989/1999 (il periodo intercorso tra le dimissioni di William Clay, fratello di Henry II, e l’ascesa di William “Bill”, nipote dello stesso Henry II) la famiglia non ha mai lasciato ad altri il timone.
Perfino durante gli anni ’90 esercitava un certo controllo, con la sola parentesi rappresentata dalla dittatura di Jac Nasser. Il vecchio fondatore dell’impero Ford, un uomo testardo e geniale, morì nel 1947: l’ovale blu è tornato in buone mani. La rivoluzione fu il metodo di fabbricazione ideato, nell’ottobre 1913, da Henry Ford: la linea di montaggio in grande serie. E il Modello T — prodotto nei suoi primi cinque anni di vita, dal 1908 al 1913, con metodi tradizionali in 500 mila esemplari — è l’esempio della validità del metodo di fabbricazione: tra l’ottobre del 1913 e il maggio del 1927 verrà, prodotto in 15 milioni di esemplari, una cifra restata imbattuta per oltre mezzo secolo (ci riuscirà il Maggiolino). Ancora negli anni Quaranta — il nipote Henry II avrebbe preso il comando alla fine del 1946 — il vecchio Henry si ostinava a produrre auto con assali rigidi e con balestre trasversali nonché motori a valvole laterali.
E nel paese dei servocomandi e dei freni idraulici, Ford era l’unico a rifiutare sia gli uni che gli altri. Così, quando Henry II, s’insedia sulla poltrona di comando (che sarebbe toccata al padre Edsel, se non fosse morto nel 1943), trova che i cassetti del reparto progettazione sono vuoti e che in tutta l’azienda idee, proposte e soprattutto uomini giovani e dinamici sono assenti. Assume allora una quindicina tra i più geniali e brillanti ufficiali battezzati Whiz Kids, i ragazzi fenomeno. Risanata brillantemente la Ford Usa, Henry II comincia a tagliare i rami secchi su alcuni mercati esteri per potenziarne altri. In Europa, per esempio, cede la filiazione francese alla Simca, mentre rafforza considerevolmente la Ford tedesca, anche a discapito di quella britannica.
Inoltre, rileva la carrozzeria italiana Ghia per farne il proprio centro design e getta le basi per un nuovo, grande stabilimento in Spagna dove, a partire dal 1976, verrà prodotta la Fiesta: uno dei maggiori successi Ford di tutti i tempi, con 11 milioni di esemplari prodotti finora. Con Henry II, infine, comincia la politica delle acquisizioni di marchi spesso prestigiosi (la stessa Ghia, la Mazda e l’Aston Martin): una politica appena accennata dal nipote del fondatore della Ford e poi spinta dai successivi CEO che acquisteranno anche Jaguar, Volvo e Land Rover per poi cederle. Ora siamo nell’era di Mustang e della guida autonoma provata in Arizona.
In Europa nel primo trimestre Ford figura al secondo posto con 286.961 unità, in Italia è terza con 37.542 esemplari.
SOL LEVANTE, TOYODA, TATA E GRUPPO HYUNDAI – La famiglia Toyota ha portato al comando Akyo Toyoda, un ingegnere di ferro in grado di gestire l’estrema crisi nel 2009 ed il post-terremoto nel 2011.
Oggi i numeri in risalita del Gruppo si devono proprio alla lungimiranza di questo super presidente. Toyota sempre leader mondiale, superati i 10 milioni e grande successo dell’ibrido. Toyota ha investito ancora mille milioni tra Russia, SudAmerica, Usa e Thailandia. In Honda la famiglia omonima ha lasciato le redini ai manager dopo il ritiro in pensione del fondatore Sohichiro nel 1973.
Ora al timone c’è il co-fondatore Takeo Fujisawa. A casa Suzuki, dove Osamu Suzuki, è il proprietario tutto si svolge in famiglia, management ed azioni con l’erede già designato il figlio Toshihiro. Impressionante la crescita del Gruppo coreano Hyundai (insieme a Kia) guidato con mano ferma dal proprietario Mong-Koo Chung e della sua famiglia. Ratan Tata ha lasciato al figlio Cyrus Mystry l’impero dopo aver acquisito Land Rover e Jaguar.