GARRAFFA Vincenzo: ieri a tutto gas, oggi a tutta… birra

Tratto da Sicilia Motori – Anno X – n. 6 (121) – Giugno 1991

di Piero Libro – Riproduzione riservata

Chi non è giovanissimo lo ha conosciuto con casco e tuta ignifuga sui campi di gara di tutta Italia; Per i più giovani, invece, Vincenzo Garraffa altri non è che il presidente di quel «fenomeno» che si chiama «Birra Messina­ Pallacanestro Trapani», la prima squadra maschile siciliana di basket ad essere arrivata fino alla serie A 1.

Un avvenimento che, senza timore di cadere nella facile retorica, può essere definito «storico», anche per le modalità con cui è avvenuto. Garraffa (47 anni, nella vita di tutti i giorni affermato primario di radiologia all’Ospedale S. Antonio di Trapani), è uno che è sempre andato di corsa. E quando ha smesso di correre non si è smentito. Non potendo rimanere fermo si è gettato con lo stesso entusiasmo nel basket.

L’arrivo ai vertici

E di corsa è arrivato ai vertici.

garraffaUn vincente nato! Siamo andati a trovarlo proprio nella sede della società, in quel «Palagranata», vanto dello sport siciliano. che con pochi aiuti da parte di enti pubblici Garraffa e soci hanno costruito in breve tempo.

Il momento non era dei migliori,a causa delle frenetiche ricerche di un nuovo allenatore per la squadra, tanto da sentirci quasi in colpa per il tempo fatto perdergli, ma ci siamo poi resi canto che il «presidente volante» si è concesso di buon grado questo attimo di sosta, anzi era proprio lui a dilungarsi più del previsto.

«Non so se sono nato prima io o la mia passione per le auto – esordisce Garraffa ­- Ricordo che da bambino seguivo con papà il Giro di Sicilia, la Monte Erice, gare che mi facevano estasiare. Durante i miei studi liceali ho praticato diversi sport, come il tennis o il mezzofondo, nel quale ho vinto il titolo studentesco del centro-sud.

Presa la patente, nel ’65, di nascosto ho iniziato a cimentarmi nella regolarità, per non fare arrabbiare papà, specialità nella quale rimasi fino al’75, quando vinsi il Trofeo Italiano con una Fulvia HF. Intanto, nel ’68, mi era trasferito a Pavia per i miei studi e tirocini universitari, dove continuai a correre con una Fulvia di serie, facendo straordinari per potermi pagare una elaborazione.

Nel ’72 mi notò il concessionario Lancia di Pavia, Luigi Arrigoni, che mi diede in uso una HF. Dal ’72 iniziai a disputare anche dei rallies, arrivando secondo nel Campionato Italiano Esordienti. Nel ’73 vinsi al circuito del Vara, un rally senza validità, e per la prima volta andai in TV, al TG2.

Di quell’anno ricordo il Rally Valli del Canavese: quando ero quarto alla fine della prima giornata dietro alle tre Porsche Lloyd, uscii di strada distruggendo la macchina, ma Cesare Fiorio volle le chiavi. E mi fece trovare il giorno dopo la vettura riparata»

garraffaIl ritorno di Vincenzo Garraffa in Sicilia

Nel ’76, Vincenzo Garraffa torna nella sua Sicilia.

«Allora il lavoro cominciava a farsi più pressante, per cui selezionai maggiormente le gare, dedicandomi alla velocità; nel ’76 acquistai una Stratos, che l’anno dopo feci preparare da Facetti, vincendo il Trofeo della Montagna 3a Zona gruppo 4, imbattuto, e classificandomi spesso davanti a delle vetture Sport.

Nel ’78, quasi per caso, passai al gruppo 5; facendo infatti una telefonata per gli auguri natalizi alla Lancia Corse, mi fu offerto un gruppo motore-cambio, con il quale Facetti allestì una Stratos quasi gemella a quella che disputava il Mondiale Silohuettes. Con questa vettura corsi fino all’81, prendendo parte a poche gare e vincendo quasi sempre il gruppo.

Poi la Stratos cessò di omologazione, e non trovando più un ‘auto che potesse sostituirla con una spesa relativamente bassa per una lunga durata, decisi di lasciarperdere, anche perché l’anno dopo sarei diventato primario».

Il sogno del ritorno alle corse di Vincenzo Garraffa

Raccontando la sua carriera Garraffa sembra quasi estraniarsi dall’ambiente che lo circonda, mentre nel frattempo arrivano messaggi di congratulazioni da ogni parte di Italia, anche da parte di quell’Arrigoni di cui si parlava prima.

«Confesso di avere un sogno: poter tornare ancora a correre. Ma sono consapevole che potrei farlo solo modificando il mio attuale trend di vita, che non mi consente neanche di godermi le vetture della mia collezione. In questi anni mi sono sempre tenuto informato sull’automobilismo, ma tanti mi dicono che l’ambiente è cambiato.

In peggio. A me comunque interesserebbe soltanto correre, nelle gare più lunghe, dove non conta soltanto la velocità, ma anche la tattica di gara e lo sforzo fisico. Anni fa acquistai un kart, e confrontandomi sulla pista di Kinisia con dei piloti giovani sono risultato di gran lunga più veloce, comprendendo che lo spirito competitivo in me non è cambiato».

vincenzo garraffaIl fratello Enrico

­ Uno dei «pilastri» della Pallacanestro Trapani e Giuseppe Cassi, il cui fratello, Enrico, anch’egli cestista del Comiso, si cimenta nella Coppa Clio. Se anche Giuseppe un giorno volesse correre? «Sicuramente, anche da presidente, non potrei fermarlo». Ma come è nata la passione per il basket?

«Già dal ’79, rispondendo all’invito di vecchi amici, avevo cominciato a fare saltuariamente il medico socia- le della squadra; quando smisi di correre mi resi conto che non mi piaceva starmene dentro la domenica in pantofole, e ricoprii costantemente questa carica. A fine del 1980 la squadra retrocesse in C2, perdendo sempre le gare con grandi margini; essere impotente di fronte a queste situazioni mi aveva fatto perdere l’entusiasmo e dissi ai miei amici che forse quello non era il modo migliore di condurre la società.

Loro si nascondevano dietro a quel vittimismo e fatalismo che contraddistingue noi del sud, e mi offrirono quindi di rilevare la società; fu così che dall’estate dell’81 ne diventai presidente, risalendo subito in C1, e quindi ancora in B. Dopo tre campionati in questa serie, in due dei quali esclusi dai play off per la promozione solo per la differenza canestri, fummo ammessi d’ufficio alla B d’Eccellenza, e non disponendo di un impianto omologato per questa serie giocammo tutto l’anno a Marsala.

Nel novembre ’86 decidemmo quindi di costruire il «Palagranata» edificando la squadra, che rischiò di retrocedere, per questa impresa. Giocando nel nostra campo, nel ’90 siamo stati promossi in A2, e subito dopo in A1».

­ Le soddisfazioni di Vincenzo Garraffa

Le soddisfazioni maggiori da dove sono venute?

«Sono due sport che danno sensazioni diverse; in auto correvo per vincere io, e mi cimentavo contro gli avversari, ma anche contro il cronometro, perché se ero primo con un tempo modesto non era soddisfatto. Nel basket si gareggia per la collettività. La Pallacanestro Trapani è adesso un fenomeno sociale, un successo gratificante per un siciliano, che mi rende orgoglioso perche abbiamo fatto qualcosa di importante per la Sicilia. Mi ha colpito molto un titolo sul “Resto del Carlino“, che dice: “L’Italia ha tifato Trapani“».

­ Costa di più il basket o l’automobilismo?

«Posso soltanto dire che con questa squadra abbiamo fatto un piccolo miracolo; io sono contrario al vecchio mecenatismo, non ho mai fatto spese folli, più di quanto disponessimo. Qualcuno a volte mi ha detto di vendere una Ferrari per acquistare un giocatore. Casomai il contrario! Non e infatti corretto spendere più di quanto si può. Forse la nostra società è stata un po’ come il Licata nel calcio: ha puntato agli inizi sui giovani, raccogliendo quanta seminato».

­ Dopo questi successi non sarebbe lecito sognare?

«Io sogno soltanto di continuare a lavorare bene come prima; sappiamo di non avere le capacità imprenditoriali, o grandi gruppi finanziari alle spalle, come le altre squadre; sarebbe presuntuoso dire che abbiamo grossi obiettivi; puntiamo soltanto sulla serietà del nostro lavoro; e inutile indossare lo smoking, se poi sotto hai la tuta!».

Se con Garraffa l’automobilismo ha perso un grande pilota, il basket e la Sicilia hanno trovato un grande manager. La legge del compenso!

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