Giuseppe Tornatore, sognatore anche al volante

Tornatore: la “telefonata” di Sicilia Motori

Sicilia Motori, dal numero di gennaio del 1999

di Luigi Tripisciano

Non una vettura, ovviamente, ma un proiettore. Dono ci certi padroni di casa, i fratelli Perez, elettricisti che conoscevano la sua smisurata passione per il cinema e gli affidarono un vecchio apparecchio 8 mm. per proiettare decine di filmini acquistati con i rispar­mi.

Ma nel frattempo amava trascorrere i pomeriggi nelle salette di proiezione dei cine­ma di Bagheria. E ricorda con affetto chi lo aiutò a coltivare questa sua mania. Isidoro Mancino, Mimmo Guarino, Carmelo Gagliano. Pino Puleo e soprattutto Mimmo Pintacuda, che considera il suo maestro di fotografia. Tanta precoce competenza lo portò a smontare il vecchio proiettore.

Con lo scopo di renderlo più luminoso, ma col risultato di provocare un bel corto circuito. Incerti del mestiere, che, però, non era il suo, neanche quello dell’operatore. Se non ha mai usato una cinepresa. Fantasticava, invece, e pen­sava a storie da trasferire nello schermo. Nel ’76, a Roma per il servizio militare, sognava il Centro sperimen­tale, ma il bando di concorso fu sospeso e dovette tornare nella sua Bagheria.

Giuseppe Tornatore

Giuseppe Tornatore

Senza arrendersi, però. Conseguita la maturità classica, si era iscritto a lettere moderne, ma non frequentò nè mai sosten­ne un esame. Cominciò, invece, a girare cortometrag­gi, spostandosi con la Fiat 500 del padre, ce guidava già prima della patente, o con la Panda bianca che usava nell’B0 ai tempi della RAI. Quando già aveva acquistato discreta notorietà per un documentario sul carretto. Sostituì per 6 mesi un regi­sta-programmista in maternità. Poi ottenne qualche altro breve contratto e realizzò servizi di qualità su Sciascia, Rosi e soprattutto sul baghe­rese Renato Guttuso. Un lavoro tutto bagherese, se perfino il tecnico, Gioacchino Scaduto, oggi a capo della produzione della sede regio­nale era di Bagheria. Si fece apprezzare, ma, per sua for­tuna, nessuno lo trattenne a Palermo e, tornato a Roma, iniziò la sua vera carriera, gradualmente, fino a girare nell’86 a 30 anni “Il camorri­sta“, dal libro di Giò Marrazzo.

“A quel tempo – ricorda – possedevo una Regata quasi nuova, che lasciai a mio padre. Per 2/3 anni non ho usato la macchi­na. Non solo per un problema di posteggi, ma perchè vive­vo al centro e utilizzavo i mezzi pubblìci“. Oggi, invece, possiede una vecchia “126” che usa in città e una “bellis­sima” Saab cabrio 900 turbo. Questa la utilizza, invece, per gli spostamenti in Italia (all’este­ro usa sempre l’aereo) per andare a trovare gli amici in campagna, a Firenze o a Napoli.

Magari col pretesto di vedere in TV la partita dell’Italia, anche se lo sport non lo interessa. Solo tre anni fa ha assistito ad un derby Roma-Lazio, lascian­dosi coinvolgere non dal gioco, ma dallo spettacolo offerto dal pubblico. E usa la Saab anche per trascorrere qualche giorno con quella famiglia che lo ha sempre assecondato. Guida per tor­nare a Bagheria, 2/3 volte l’anno, poco, perchè gli danno fastidio i rumori del traffico, il suono impertinente del clacson, che contessa di non usare mai.

“A Palermo – dice – perdevo le staffe. Ora, invece, leggo ai semafori o faccio qualche telefonata”. Tornatore, comunque, apprezza l’utilità dell’auto, ma confessa di trascurarla. Non la lava, non controlla le gomme, si affida ai benzinai e, in fondo, preferisce che guidino gli altri. Cosa che avviene regolarmente duran­te le riprese di un film. E’ l’au­tista della produzione a por­tarlo su e giù per il set. E in questi brevi viaggi dorme, compensando le ore rubate al sonno per il lavoro. “Dalla Balduina, dove abito, a Cinecittà, sono quasi 50 minuti – spiega – e cosl aggiungo circa due ore alle tre che riesco a passare nel mio letto.

E la cosa strana – aggiunge – è che dormo profondamente, ma mi sve­glio di colpo appena l’autista spegne il motore. E’ ormai una abitudine”. Sonno neces­sario per avere idee lucide, perchè fare un film, e di livel­lo internazionale, non è sem­plice. Richiede molto più di un anno, e in questo periodo di grande fatica, ci si estra­nea del tutto, si vive per il film e ci si confonde quasi con i personaggi. Come in un sogno. “E non può essere diversamente – afferma – per­chè, scelta l’idea fra le tante che ogni giorno mi frullano per la testa, e trovato il pro­duttore, ci si cala subito nel lavoro. Un film richiede tre fasi: la scrittura della sceneg­giatura, con 10-12 ore di lavoro al giorno. Le riprese, che ne richiedono anche 16, e il montaggio. Ancora più pesante perchè a quel punto si devono rispettare i tempi di consegna. E recentemente lo sciopero dei doppiatori, durante il montaggio de “La leggenda del pianista sull’o­ceano”, gli ha reso la vita davvero difficile”.

Siamo stati costretti ad inseguirlo per mesi. Poi siamo riusciti ad intercettarlo, ritrovando la sua solita grande disponibi­lità, in questo caso per un vecchio collega di RAI col quale aveva lavorato curando la regia dei TG regionali. “Ho un buon ricordo di quel perio­do – sostiene – perchè era il tempo della ricerca. Ero curioso di apprendere, di confrontarmi con idee e pro­grammi non miei. E con mezzi che non conoscevo. Facendo di tutto, anche le regie radiofoniche. Credo che questa esperienza mi sia ser­vita molto e in ogni caso mI divertivo”.

Il camorrista“, quindi, il suo primo film. Poi “Nuovo cinema Paradiso“, “Stanno tutti bene“, “Una pura formalità“, “L’uomo delle stelle” e “La leggenda del pianista sull’oceano“. Con attori come Noiret, Mastroianni, Depardieu e Polanski. Film frutto delle sue sensazioni o nati per istinto, che spesso hanno qualcosa di fantastico, in apparenza fuori dalla realtà, ma in effetti ricreano spesso un’atmosfera d’altri tempi di luoghi e storie particolari.

Che avvincono e nei quali a volte ci ritroviamo per quella sua straordinaria capacità, pro­pria di un vero artista, autodidatta dal midollo. “Ho letto tutto quello che c’era da leg­gere sul cinema” e quindi con uno stile tutto suo di raccon­tare per immagini. “Immagini – dice – che devono sempre tra­smettere una emozione”. 

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