Celebriamo i sessant’anni della Ford Mustang

Evoluzione in 60 anni della visione degli italiani delle auto “from the USA”

La volpe e l’uva

Dovremmo iniziare parlando di cavalli e dell’indomabile selvaggia razza mustang. Invece esordiamo con una favola dello scrittore greco Esopo, che descrive un’affamata volpe che, non potendo raggiungere l’uva perché la vite è troppo alta per mangiare il grappolo, finisce per disprezzarla. Da favola è diventata come un proverbio: “fare come la volpe con l’uva”. È proprio ciò che noi italiani abbiamo fatto nel secolo scorso, a partire dagli anni Sessanta almeno per un ventennio se non oltre, con le vetture americane.

Difficili da importare e costose da mantenere, ne denigravamo le pachidermiche dimensioni, gli assetti da camion, con ponti rigidi posteriori sospesi da balestre, ma soprattutto con motori di cilindrate per noi spropositate e per giunta con tecnologia obsoleta, ancora con distribuzione ad aste e bilancieri, e con regimi di rotazione massimi molto bassi e potenze specifiche ancor più infime. Non le potevamo avere e neppure provare, quindi esaltavamo i nostri motori bialbero con assi a camme in testa, capaci di raggiungere regimi massimi elevati che regalano allunghi esaltanti e, con le prime sovralimentazioni turbo superavano, anche sulle vetture di serie, la soglia ambitissima dei 100 CV / litro.

Eravamo proprio come la volpe con l’uva, vedevamo nei film le loro auto che si fermavano sul ciglio della strada ciondolando ancora quando gli attori erano già scesi. Certo, gli americani non avevano il problema del costo del carburante, potevano avere motori enormi e assetati, intanto la benzina, in proporzione, costava meno della Coca-Cola e facevano solo, secondo la nostra opinione, centinaia di miglia sulle highway sempre dritte. Questa era la nostra visione delle auto americane.

I gloriosi V8

E ancora, anche i gloriosi V8 per noi erano grossi motori dal rumore un po’ sgradevole perché con scoppi irregolari al minimo ma anche in accelerazione, noti a noi perlopiù per l’impiego nella motonautica da competizione o nella Formula 1, dove risultavano più scorbutici e stonati rispetto alle sinfonie dei dodici cilindri: i nostri Ferrari ed Alfa Romeo in primis, ma anche i Matra d’oltralpe cantavano come violini rispetto al borbottio un po’ scomposto dei Ford Cosworth usato da tutti gli altri.

Poi, i più fortunati, hanno iniziato a viaggiare negli States, cominciando a guidarle, ponendo non solo lo sguardo sulle le più interessanti, a partire proprio da quella che si delineava come la sportiva per eccellenza: la Ford Mustang. Quei campanilistici pregiudizi cominciavano a vacillare, sostituiti sempre più dal dubbio, trasformatosi via via in consapevolezza, che non esistesse solo quella mosca bianca – azzurra e arancione nel caso della livrea Gulf – di nome Ford GT40, che non c’era bisogno dell’esperienza di un mago come Carrol Schelby, per trovare autentiche vetture sportive in America che non fossero vetture da competizione.

È così che abbiamo cominciato ad apprezzare quella vettura più larga delle nostre certo, ma dalla linea grintosa e al contempo inconfondibile, con quel cavallo proteso in corsa sulla calandra, e col nome della razza più indomabile e ribelle dei purosangue del vecchio West. Improvvisamente i V8 sormontati da quella strana padella col coperchio che era il filtro dell’aria che nascondeva i carburatori al centro della V, hanno cominciato a risultare più gradevoli alle nostre orecchie. Quel suono irregolare era però anche distintivo, e non solo: non c’erano solo lenti cambi automatici a tre rapporti, ma c’erano cambi manuali anche nelle vetture che non erano muslce car elaborate per le, ovviamente per noi inutili, gare di accelerazione da dragster.

Coppia VS potenza

Cominciavamo così a renderci conto che, soprattutto nella guida di tutti i giorni anche per un’auto sportiva, si utilizza e apprezza molto di più la coppia rispetto alla potenza assoluta a regimi molto elevati. Certo, per noi un V8 4,3 litri che eroga soltanto 164 CV a 4.400 giri non sembra esaltante sulla carta ma in realtà, quelli con cui si guida tutti i giorni sono i 350 Nm già a 2.200 giri: una coppia così vigorosa e così in basso era per allora quantomeno inusuale.

Così abbiamo cominciato a coglierne gli aspetti positivi, abbiamo messo da parte il nostro atavico campanilismo per concedere alla Ford di aver creato, a partire dal 1964, qualcosa che ancora non c’era: una vettura sportiva per i giovani del boom demografico che fosse prima di tutto divertente, piacevole da guidare e, perché no, che non passasse inosservata.

Col passare degli anni la crisi petrolifera ha cambiato l’approccio non solo nostro, anche degli americani di Ford, ma dopo un primo periodo buio, con riduzioni in tutte le direzioni, dalle dimensioni ai motori, le Ford Mustang hanno rialzato la testa affermando quella leadership incontrastata che la rende l’auto sportiva più venduta al mondo da oltre un decennio.

In un sol balzo arriviamo a oggi: I festeggiamenti per il 60° anniversario della leggendaria Mustang sono iniziati durante la Milan Design Week, tra gli eventi più importanti a livello internazionale, dedicati al design. La Ford Mustang ha scelto un partner d’eccezione: Vogue Italia perché entrambi i marchi quest’anno compiono 60 anni.

Così, all’interno di The Vogue Closet, Ford Mustang è protagonista dell’installazione creata dall’artista italiana Costanza Starrabba. L’opera d’arte contemporanea interpreta e comunica i valori di Mustang attraverso un viaggio di illustrazioni con un alfabeto di elementi naturali e stilistici, all’interno di un paesaggio infinito, tracciando così nuove strade da percorrere. L’installazione è visitabile fino al 19 aprile presso la sede di Condé Nast in Piazza Cadorna.

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